lunedì 28 dicembre 2020

Friedrich Froebel: i Giardini dell'infanzia (Pedagogia)

 La pedagogia di Froebel non riconosce nel bambino solo qualcuno da custodire e alfabetizzare ma qualcuno che anche il diritto di giocare e di apprendere attraverso il gioco in un luogo.

Froebel trascorre un periodo come assistente di
Pestalozzi e grazie a questo inizia la sua elaborazione pedagogica. Nel 1840 detta sua istituto il nome di Kindergarten per rimarcarne la profonda differenza rispetto alle altre scuole infantili del tempo.
Lo studioso tedesco rifiuta la teoria della tabula rasa sostenuta da Locke E dagli altri illuministi e mediante una metafora naturalistica parla dell’educazione come giovani piante i piccoli animali sono queste le premesse della sua proposta di educazione infantile nei termini di un giardino.
Froebel grazie alla suggestione di Schiller, che considerava il gioco un’attività umana pura, liberatrice e creativa, quindi anche Froebel la concepisce allo stesso modo, dove il bambino cresce secondo i suoi ritmi e di cogliere in maniera intuitiva. Il gioco è uno strumento per favorire l’espressione in maniera creativa in stretto rapporto con il linguaggio. Si queste basi si sviluppa l’idea dei doni, cioè di giocattoli dotati del potere simbolico di far intuire al bambino le leggi che regolano il mondo. I doni vengono presentati secondo un ordine sequenziale. La palla elastica associata alla recita di brevi poesie e da semplici canti. Il secondo dono una sfera e in un cubo di legno servono a far associare l’armonia che governa anche ciò che apparentemente. Il terzo cubo diviso in otto piccoli cubi e tavolette di spessore e lunghezze diverse, con lo scopo di manipolare gli oggetti.
Il suo progetto di educazione infantile sembrava troppo innovativo rispetto alle pratiche correnti nella Prussia di metà ottocento, ancora principalmente custodialistica e di tipo scolastico soltanto qualche anno dopo il Kindergarten conobbero migliore fortuna e a poca poco si diffusero in tutta Europa le sue esperienze concrete aprirono nuove strade all’educazione infantile da John Dewey a Maria Montessori, la generazione dei pedagogisti del primo novecento si confrontò prima di tutto con le esperienze dei giardini dell’infanzia.

Ferrante Aporti e l'educazione infantile (pedagogia)


Le prime iniziative scolastiche specificamente destinate all'infanzia furono avviate in Inghilterra e in Francia. Nel 1816 l'industriale e filantropo Robert Owen aprì una classe per i più piccoli nella sua manifattura modello di New Lanark, in Scozia. Vi si insegnavano i rudimenti del sapere, un po' di storia naturale e di geografia, intervallati da marce ritmate, danze e canti. Sull'esempio dell'iniziativa di Owen poco dopo furono aperti a Londra i Westminster free day infant asylum. Le scuole disponevano di un cortile per giochi ed esercizi fisici, ai bambini più piccoli era insegnato l'alfabeto in forma di gioco, mentre a quelli più grandi si davano lezioni di scrittura e di calcolo.
Il principale pedagogista italiano infantile fu l’abate Ferrante Aporti. Nato nel 1791 a San Martino (Mantova) nel 1828 aprì in Lombardia una scuola infantile per bambini dai due anni e mezzo ai sei nel 1833 fu esteso anche alle bambine. Ben presto divenne noto in Italia e altre città presero l’esempio. Nel manuale di educazione ed ammaestramento per le scuole infantili per la prima volta in Italia viene elaborata una vera e propria pedagogia dell’infanzia.
Per Aporti è molto importante la formazione precoce dei bambini piccoli in quanto molte delle difficoltà nelle classi elementari erano causate da una mancanza di preparazione pre scolastica e dalle cattive abitudini familiari. La lettura del manuale di Wilderspin gli suggerì di creare un’anticipazione della scuola elementare per i bambini tra i due e i sei anni. Il programma garantiva una buona assistenza materiale e a uno sviluppo intellettuale, morale e fisico dei piccoli alunni.
Insistette molto sulla pulizia e sulla cura personale e dell’ambientazione. La proposta di un apposita istituzione educativa per l’infanzia era fortemente innovativa ebbe una rapida fortuna sostenuta anche dall’ambiente progressista e questo tipo di scuole inizia ben presto a diffondersi. La parabola di Aporti cominciò a declinare
verso l’ultima parte del secolo quando raggiunge raggiunse in Italia l’esperienza dei giardini d’infanzia creato da Froebel più attento alle esigenze psicologiche dei bambini.

ARISTIDE GABELLI E LA "LEZIONE DI COSE" (pedagogia)


Una via intermedia tra il metodo di insegnamento herbartiano e quello piuttosto empirico. Pedagogista importante esponente dell'alta burocrazia ministeriale, membro del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, deputato al Parlamento, estensore dei programmi per scuola elementare, Gabelli fu personalità molto in vista nella vita scolastica, si deve un piccolo ma prezioso libretto intitolato Il metodo d'insegnamento nelle scuole elementari d'Italia che aiuta a capire una quali finalità doveva rispondere e di quali metodologie doveva avvalersi della scuola elementare, ufficialmente obbligatoria, ma alla quale accedevano soltanto due bambini su tre.

Il pedagogista italiano svolse un'approfondita riflessione sulla natura della scuola elementare, sulle sue finalità e sui compiti dei maestri. Il punto di partenza era proprio, l'efficacia della scuola è direttamente proporzionata alla capacità dei maestri di essere aderenti alle esperienze infantili. Gabelli auspicava l'impiego di un metodo intuitivo più importante degli stessi contenuti in produceva alla fine del processo formativo un individuo capace di pensare con la propria testa e non pronto soltanto a ripetere, magari senza avere capito. In questo modo i cittadini di domani sarebbero stati capaci di “usare la testa” e di inserirsi in modo costruttivo nella vita sociale.
Nel metodo educativo di Gabelli è presente una sensibilità pedagogica più attenta alle dinamiche infantili.

il mutuo insegnamento (pedagogia)


il mutuo insegnamento 
è dovuto a due educatori inglesi Andrew Bell e Joseph Lancaster, che ebbero un intuizione, avvalersi degli allievi già alfabetizzati per aiutare i principianti. Bell presentò i risultati del suo esperimento di "mutua istruzione" quale sistema efficace ed economico l'analfabetismo in uno scritto che passò tuttavia sotto silenzio. Lo slogan era: "Il metodo con il quale una scuola intera o una famiglia può istruirsi da se stessa sotto la vigilanza di un di un solo maestro”. Il pastore quacchero Lancaster avviò in un sobborgo popolare di Londra, senza conoscere quanto già sperimentato da Bell, una per scuola gratuita i poveri 
che ben presto contò un numero impressionante di frequentanti. Per far fronte alla mole di allievi, anche Lancaster li distribuì in piccoli gruppi secondo il livello delle conoscenze già possedute e li assegnò ad allievi già formati. Il bisogno di disporre di un metodo rapido ed economico di istruzione, avvertito nelle grandi città inglesi caratterizzate all'epoca da una tumultuosa industrializzazione e dallo spostamento di massa di contadini analfabeti dalla
campagna alla città, contributo impiego del metodo in tutto il Paese e, di lì a poco, in Europa. Pur essendo tanto diversi, i due pedagogisti erano molto vicini negli aspetti organizzativi e didattici. Nelle scuole mutue l'insegnamento era limitato alla letteratura, alla scrittura e al calcolo, per le bambine, al cucito. Con qualche approssimazione si può affermare che l'apprendimento si configurava come una specie di catena di montaggio attraverso la quale si produceva un sapere semplice, principalmente a base mnemonica, adatto a persone destinate a restare in sociali umili e ad avvalersi delle loro capacità alfabetiche in modo piuttosto approssimativo. Pur con questa non secondaria riserva, occorre dire che l'esperienza delle scuole di mutuo insegnamento non passò invano sulla scena scolastica europea. Proprio a tali esperienze si fanno risalire l'insegnamento contemporaneo di
 lettura, scrittura e calcolo
.

La questione del metodo: Johann Friedrich Herbart (pedagogia)

 

Johann Friedrich Herbart può essere considerato il primo pedagogista nel senso moderno dell'espressione. Nato nel 1776 a Oldenburg nella Germania nord-occidentale, da una famiglia colta, Herbart rivelò talento per la musica e per la riflessione filosofica e un grande interesse per l’insegnamento.

Per cogliere il senso della posizione di Herbart occorre partire dalla risposta che egli dà sulla natura della pedagogia. Egli la concepiva come un sapere dotato di una propria specificità che fa riferimento, da un lato, alla filosofia morale per l'individuazione del fine educativo e, dall'altro, alla psicologia per le modalità attraverso cui avviene l'apprendimento. Circa il primo punto è evidente il debito con l'insegnamento kantiano: il fine dell'educazione è la moralità personale e questa consiste nella formazione del carattere e nel conseguimento della virtù. Il suo perseguimento (l'educazione per l'appunto) si svolge mediante la conoscenza e l'esercizio della volontà (conoscere il bene e perseguirlo in modo coerente). Per quanto riguarda la psicologia ancora molto filosofica, Herbart considerava la conoscenza umana come un processo che regola il flusso continuo di rappresentazioni che, di volta in volta, possono varcare o meno la soglia della coscienza (l'espressione avrà poi molta fortuna nella storia della psicologia), con maggiore o minore chiarezza e distinzione.
Il metodo Herbartiano consisteva nell’idealismo in cui la pedagogia non è che una filosofia
in azione e dal semplice
empirismo che concepisce la pedagogia come arte educativa basata sull’abilità personale e si propone come scienza pratica ossia impegnata a definire sia i modi per conseguirli e fini. Sul piano metodologico egli si rifà all’iniziative di Pestalozzi e alle proprie esperienze di insegnante. Herbart conta di un piano generale una cornice entro cui si collocano diversi momenti educativi governo disciplina cultura morale e istruzione e di una didattica specifica per il trasferimento delle conoscenze e dei comportamenti morali.
L’educazione deve essere sviluppata in un ambiente ben organizzato cioè il governo nel quale i fanciulli sono continuamente occupati e assistiti sul piano intellettuale e dell’esercizio fisico sono corretti quando sbagliano per fare interiorizzare l’autorità che li sovrasta. Non esiste un’educazione senza disciplina e formazione del carattere bisogna dare un ordine etico alla molteplicità delle rappresentazioni che influenzano il fanciullo e che ne possono deviare gli interessi e comportamenti questo si può evitare grazie a premi e castighi. L’istruzione educativa
consiste infine nello sforzo di creare la moralità mediante l’esercizio intellettuale. L’impegno nell’apprendimento esercita la volontà e costituisce l’occasione per la formazione del senso etico personale.

Verso la società alfabeta (pedagogia)

Durante il XIX secolo giunse a maturazione in Europa, un complesso processo il cui esito è stato definito  "società alfabeta" e cioè di una società nella quale viene ritenuta indispensabile per tutti la padronanza almeno dei fondamentali elementi del sapere: leggere, scrivere e far di conto. L'espressione "modernità" cominciò a essere impiegata in alternativa alle consuetudini tipiche della tradizione radicate nella fede religiosa e nei ritmi di vita della società rurale e per sottolineare invece altri valori come la superiorità della civiltà industriale, la fiducia nel progresso, il principio della libera concorrenza, la visione laica dell'esistenza, il valore della razionalità. Si trattava, di dare vita a una società nuova imperniata su valori interamente deposti nelle mani degli uomini. Il mondo dell'educazione si trovò ben presto coinvolto nella realizzazione della nuova società in seguito a una duplice sollecitazione.

I sostenitori della modernità erano convinti che attraverso la generalizzazione della scuola i bambini sarebbero diventati adulti all'altezza dei tempi, capaci di inserirsi nella vita sociale e produttiva in modo attivo, di sconfiggere ogni forma di la superstizione di condividere una visione laica dell'esistente. Il modello di vita borghese era considerato un esempio e andava esteso anche ai ceti sociali più poveri, semplici e spesso rozzi.
La fiducia nell’educazione
, nella scuola e nella pedagogia come sapere in grado di orientare l’educazione accompagnò tutto il XIX secolo.

Le relazioni di genere nella società postmoderna (sociologia)

 L'aspetto più evidente è la crisi dei ruoli tradiz

ionali, cioè il progressivo venir meno della rigida distinzione dei compiti secondo il genere che era tipica del modello di famiglia prevalente nella Società industriale, quando uomini e donne sapevano perfettamente ciò che dovevano fare e ciò che si potevano aspettare dal coniuge (non vi era dubbio, per esempio, su chi dovesse andare al mercato a fare la spesa). Oggi il modello sta perdendo la sua rigidità e la sua forza. La maggiore partecipazione femminile al mondo del lavoro, l'emancipazione culturale della donna e l'accresciuta flessibilità nei comportamenti, nelle norme e nei valori sociali spingono verso una minore Rigidità nella determinazione dei ruoli in funzione del genere. 
Ciò si traduce spesso in una fonte di disagio per la coppia e in una cause di instabilità familiare. la crisi dei ruoli tradizionali si traduce spesso in un nuovo stile di vita, basato su una riduzione del numero di compiti o comportamenti ritenuti eminentemente maschili o femminili e su una maggiore contrattazione della distribuzione dei ruoli familiari. Insomma, non è detto che sia sempre compito della donna recarsi al supermercato. lo si decide di volta in volta in base alle circostanze.
 A tutto questo si accompagna   una più ampia condivisione famigliare delle scelte e delle responsabilità, sia affettive sia educative sia economiche. Le decisioni che coinvolgono la famiglia passano prevalentemente attraverso una discussione e quindi attraverso il contributo personale, e non di ruolo, dei suoi membri. L'evoluzione delle questioni di genere La questione della parità fra uomini e donne, emersa in maniera conflittuale negli anni Settanta del Novecento, ha avuto profonde ripercussioni nel ridefinire i ruoli, le funzioni e le aspettative di genere non solo sul versante femminile ma anche su quello maschile. 
Per le donne, le lotte e le riflessioni sulla femminilità hanno rappresentato l'apertura di nuovi spazi nell'ambito del diritto, del lavoro, della sessualità e permesso il raggiungimento di livelli più elevati di istruzione, una maggiore autonomia economica, famigliare, sociale. Negli ultimi decenni l'autoriflessione e la denuncia delle donne non hanno più riguardato solo le società occidentali, ma hanno coinvolto anche i Paesi in via di sviluppo (per esempio arabi o africani), dove combattere la disuguaglianza tra i sessi e l'oppressione femminile è una questione cruciale, con effetti anche drammatici per la vita delle persone. Gli studi sulla condizione maschile hanno evidenziato come gli uomini, per adeguarsi a una tale organizzazione sociale sessista, abbiano dovuto rinunciare a una parte della propria identità, per esempio ad avere un rapporto profondo con sé e con gli altri, delegando tale attitudine alle figure femminili, come se tutto l'ambito del privato, delle amicizie, delle relazioni sociali fosse di pertinenza esclusivamente della donna. E proprio perché non è mai stato abituato a gestire relazioni ed emotività in Prima persona, si è reso più vulnerabile da questo punto di vista, mentre le donne, più abituate a mediare e a tessere relazioni, sono da sempre più abili e più brave a gestirle.




domenica 27 dicembre 2020

consumi della società postmoderna (sociologia)

 

il consumo è divenuto una delle attività prevalenti nella vita quotidiana e ha acquisito un'importanza mai conosciuta in precedenza. Per "consumo" si intendono fondamentalmente due cose, a seconda che lo si guardi con un occhio prevalentemente economico o sociologico: l'acquisto di un bene o un servizio oppure l'uso di quel bene o di quel servizio. La società industriale ha portato con sé, oltre allo sviluppo delle fabbriche e della produzione in serie, un massiccio aumento del consumo da parte di tutti gli strati della popolazione, chiamati ad assorbire, con i loro acquisti, i prodotti realizzati da imprese desiderose di vendere sempre più diffusamente e una crescente quantità di merci. Mentre nella prima metà del XX secolo solo le classi più elevate (e quindi un numero limitato di persone) erano in grado di consumare i beni prodotti dall'industria (l'automobile, il telefono, frigorifero), dal secondo dopoguerra in poi si è verificata una progressiva estensione della capacità di consumo a strati sempre più ampi della popolazione. Il consumo è quindi - insieme alla produzione - il secondo "motore" di cui l'organizzazione capitalistica dell'economia ha bisogno per funzionare. Per poter consumare", le famiglie devono disporre di un reddito sufficiente Gli Imprenditori Investono nelle industrie e assumono lavoratori con lo scopo di fare profitti, dunque cercando di pagarli il meno possibile, nello stesso tempo, tuttavia, essi hanno bisogno che i lavoratori abbiano un reddito sufficiente per cominciare a desiderare e programmare di acquistare beni. E così nasce la pubblicità e nella seconda metà del XX secolo, quel fenomeno che siamo abituati a chiamare consumismo, vale a dire la tendenza a comprare molte più cose di quelle effettivamente necessarie accumulando oggetti, oppure scartandoli per comprarne Con il passaggio alla società postindustriale e con la terziarizzazione dell'economia, il consumismo ha iniziato a interessare una gamma sempre più ampia di prodotti, molti di natura cosiddetta "intangibile", vale a dire non materiale (vacanze, spettacoli, intrattenimento, servizi assicurativi ecc) Nel corso di questo processo anche i prodotti materiali hanno cominciato a essere ricercati più per alcune caratteristiche intangibili che non per il Loro contenuto materiale e gli usi funzionali Un caso emblematico è quelle dell'abbigliamento, presente sul mercato con una variabilità e differenziazione di offerta quasi infinita: ci sono collezioni e capi per tutti gusti e per tutte le tasche, spesso distinguibili l'uno dall'altro solo per la marca (brand firma, etichetta). La marca costituisce l'identità intangibile di questi beni ed e co di cui i consumatori vanno in cerca, poiché attraverso di essa ritenga di poter affermare la propria appartenenza a una determinata cerchia sociale.


La società postindustriale (sociologia)

 

Lo sviluppo della società industriale ha significato la nascita e la diffusione delle fabbriche, ciò a cui si assiste oggi è una graduale ma costante riduzione dell'incidenza che il lavoro in fabbrica ha nel panorama generale della società. In proporzione, rispetto agli operai aumentano sempre di più coloro che lavorano negli uffici, nelle attività di commercio o come liberi professionisti. Da alcuni decenni a questa parte si registra in tutti i Paesi industrializzati un continuo espandersi del settore terziario (quello dei servizi) a discapito dell'industria e dell'agricoltura, andamento che viene comunemente definito "terziarizzazione dell'economia". Il declino dell'industria Nei Paesi del mondo occidentale oggi aumenta la quantità di lavoratori che trova impiego nel terziario, dove l'innovazione tecnologica tendenzialmente non riduce il lavoro, nei Paesi occidentali la terziarizzazione dell'economia ha coinciso con il raggiungimento, per la maggior parte della popolazione, di un tenore di vita più elevato rispetto al passato.

il termine "servizi" fa riferimento a una realtà lavorativa eterogenea, con  un insieme di occupazioni diversissime, che possono presentare sia un alto livello di specializzazione sia una forte dequalificazione Non a tutti la terziarizzazione ha portato maggiore benessere. 

La flessibilizzazione del lavoro Se per due secoli nel campo del lavoro razionalizzare ha significato concentrarsi su operazioni come standardizzazione, semplificazione e divisione dei compiti, negli ultimi due decenni del secolo scorso, nell'epoca detta postindustriale, il sistema economico ha intrapreso una nuova direzione. Ai lavoratori viene chiesto ora un atteggiamento flessibile verso l'attività lavorativa. Concretamente, si è verificata in questi decenni la progressiva sostituzione delle forme di lavoro stabili (per esempio quelle dei dipendenti a tempo indeterminato nelle grandi imprese) con forme precarie, giuridicamente ambigue, poco protette sul piano previdenziale (per esempio i collaboratori a progetto delle cooperative che prestano servizı per le grandi imprese). Un numero sempre maggiore di lavoratori trova ormai occupazione attraverso forme di lavoro flessibile: queste, da un lato, non vincolano le aziende mantenere per sempre in organico il personale che utilizzano, dall'altro, non vincolano il lavoratore per tutta la vita a una certa mansione, a una determinata professione, a un posto di lavoro fisso. Tuttavia, se la flessibilizzazione del lavoro di solito si rivela utile per le imprese, che riescono così a razionalizzare notevolmente (riducendole) certe spese, per i lavoratori essa si traduce il più delle volte in esperienze di lavoro precario: contratti a termine, che non garantiscono alcun futuro dopo la o scadenza; situazioni di lavoro formalmente autonomo. 

Psicologicamente è una mancanza di sicurezza. La sharing economy In parallelo con i processi appena descritti è l'utilizzo di mezzi di trasporto tradizionalmente privati, quali l'automobile o la bicicletta, in condivisione con altri cittadini quando si sottoscrivono abbonamenti di car sharing o di bike sharing. Le persone, in questo caso, decidono di rinunciare alla proprietà privata del mezzo. 

 


Oltre la modernità (sociologia)

La società industriale si contraddistingue per essere diversa da tutte le altre forme di società che l’hanno preceduta tanto da essere chiamata società post-moderna.

Il concetto di postmoderno si deve al filosofo francese Jean-François Lyotard (1924-1998).

Per Lyotard ciò che caratterizza fondamentalmente l'epoca postmoderna è la "fine delle grandi narrazioni". Nel corso della storia tutte le società sono basate su grandi interpretazioni del mondo - appunto "narrazioni" filosofiche, scientifiche, letterarie o religiose- che hanno cercato di mettere ordine nella realtà e spiegare in maniera organica e unitaria il senso delle cose. La fine delle grandi narrazioni significa che questi grandiosi racconti universali (i poemi omerici, la Bibbia, la filosofia di Karl Marx) non hanno piu presa sulle persone, che non vi cercano più la ragione di ciò che accade né vi si rivolgono per capire come agire. 

Il dibattito sul postmoderno

 Nel dibattito sociologico contemporaneo il termine "postmoderno" ha sollevato non poche controversie: Jürgen Habermas e Anthony Giddens, che considera le trasformazioni sociali in atto non un radicale cambiamento rispetto al passato quanto, piuttosto, una sua radicalizzazione in altre parole, le tendenze contemporanee non sono correttamente rappresentate da un termine che pone l'accento sul superamento della modernità, ma al contrario, vanno indicate attraverso un'espressione che ne accentui la continuità con il passato. Egli propone quindi di parlare di "tarda modernità”

 Le caratteristiche della postmodernità 

Possiamo individuare quattro caratteristiche fondamentali della postmodernità:

 • la centralità del sistema di informazione e comunicazione. Lo sviluppo dell'informatica e delle altre tecnologie dell'informazione negli ultimi decenni ha fatto sì che la produzione di dati e la diffusione di informazione acquisissero crescente importanza. 

la tendenza alla globalizzazione e, simultaneamente, alla frammentazione . Si pensi alle cosiddette seconde generazioni di immigrati.

l'accettazione delle diversità Nel passato spesso si è tentato di superare le contraddizioni della condizione umana unificando i valori e i comportamenti delle persone, di solito appellandosi alla divinità o alla ragione. ad appartenenze culturali diverse; la cultura postmoderna si presenta come un insieme di significati, di valori, di stili di vita molto più frammentati e contraddittori rispetto al passato ma, al tempo stesso, è infinitamente più tollerante verso le diversità. Sono sempre più diffuse situazioni di vita impensabili nel passato: i falegnami lombardi che esportano mobili in Arabia Saudita, i matrimoni tra persone dello stesso sesso, i macellai islamici che servono una clientela occidentale, i cattolici che divorziano ecc.,

un diffuso clima di incertezza. In un tale panorama culturale prevale un vissuto di preoccupazione, di mancanza di certezze e di fragilità dei progetti personali. Il percorso biografico, infatti, non è più scandito da tappe ben precise come in passato quando, ad esempio, la fine degli studi coincideva con l'entrata nel mondo del lavoro, l'uscita dalla famiglia d'origine con la formazione di un nuovo nucleo famigliare ecc. Di fatto, oggi, ogni fase esistenziale non segue un preciso ordine cronologico-biografico e, soprattutto, non è più vissuta come definitiva e irreversibile. Qualunque scelta (il matrimonio, il tipo di lavoro, il luogo di residenza) può essere facilmente revocata e modificata in ogni momento, e non ci si aspetta più che sia definitiva.

Bambini e donne tra settecento e ottocento (Pedagogia)

 


Il dibattito educativo sulle peculiarità dell'infanzia, esso diede origine a due correnti di pensiero e di ricerca diverse ma complementari: la prima, ispirata a una concezione romantica dell'infanzia e dei suoi doni, di particolare interesse per filosofi, educatori e studiosi; Il secondo, che si concentra sulla componente organica e psicologica dell'essere umano, si è sviluppato principalmente in ambito medico. Per cogliere le origini di questa doppia matrice pedagogica, possiamo fare riferimento a due autori attivi entrambi all'inizio del XIX secolo: Johann Paul Friedrich Richter e Jean-Marie-Gaspard Itard.

Johann Paul Friedrich Richter (1763-1825), studiò teologia a Lipsia fino a quando dovette interrompere gli studi e fuggire dalla capitale prussiana a causa dei debiti accumulati. Negli anni successivi 
ha fondato e diretto la scuola elementare di Schwarzenbach e in seguito ha lavorato anche come insegnante per alcune famiglie nobili. Come scrittore e romanziere, raggiunse una grande fama, ma anche per i suoi difficili rapporti con molti dei grandi rappresentanti della letteratura tedesca del tempo come Goethe e Schiller.
Come scrittore di questioni educative, Richter si contraddistinse sia per la sensibilità e per l’empatia che mostrò nei confronti del mondo infantile, sia per la delicatezza e la delicatezza, sia per la psicologia dei bambini.
In quest’ottica il bambino non veniva solo presentato come la 
speranza per il mondo di domani.
Egli era convinto che la crescita avesse bisogno di condizioni favorevoli. Alla trattatistica educativa di stampo tradizionale fortemente precettistica Richter oppose alla creazione di un'atmosfera educativa concreta, fatta di situazioni plausibili, attraverso le quali l'adulto viene guidato alla scoperta non solo dell’infanzia ma anche di se stesso.


Per la prima volta nella storia della medicina e della pedagogia, Jean Marie Itard verifica empiricamente l'impossibilità di fornire a un essere umano gli insegnamenti non ricevuti al momento opportuno, i soli che consente un corretto sviluppo psicofisico. Il caso di Victor, infatti, dimostrò che, anche se non sono riscontrabili anomalie genetiche, il bambino che non dispone di stimoli adeguati e di cura amorevoli nei primi anni di vita perde per sempre la possibilità di sviluppare pienamente le proprie capacità cognitive.
Luomo allo stato di natura non è perfetto perché senza una società è come un animale incompiuto.
L’orientamento pedagogico di Itard è quello di Richter hanno un punto in comune ciò per la costruzione della scienza.